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Furti di pannolini e di bistecche aumentano i ladri per disperazione

In crescita a Palermo i "fuorilegge per necessità". Ecco le loro storie: dall’anziano che sottrae la cena alla madre scoperta a rubare per la figlia di 9 mesi

data articolo 28/01/2018 autore La Repubblica categoria articolo RASSEGNA
 
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Furti di pannolini e di bistecche aumentano i ladri per disperazione
Furti di pannolini e di bistecche aumentano i ladri per disperazione

Rubano per poter mangiare una fetta di carne, per cambiare il pannolino ai figli, per riscaldarsi con un giubbotto. Sono i ladri “per disperazione”, strozzati dalla crisi economica nella regione con il tasso di povertà più alto d’Italia. Persone che fino a quando ci sono riuscite, sono rimaste nella legalità. Lavoratori lasciati senza un impegno nell’arco di una notte, precari senza nemmeno i contratti a termine e molti anziani con pensioni da poche centinaia di euro al mese.
«L’indigenza e la crisi economica che hanno colpito soprattutto la Sicilia hanno fatto registrare un aumento di furti di energia elettrica, di gas e acqua – ha sottolineato il procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato all’inaugurazione dell’anno giudiziario-. Crescono anche i furti in abitazione, le estorsioni e le rapine. I numeri dicono che questi reati sono aumentati del dieci per cento».
La storia di Giusy parla più di ogni dato. E’ una mamma separata dello Zen e l’anno scorso è stata bloccata alla cassa di un Carrefour. Aveva un carrello pieno di pannolini, latte, biscotti e omogeneizzati, ma non i soldi per pagare. Ai poliziotti ha raccontato mesi di disperazione, senza lavoro e senza possibilità di assicurare alla sua bambina di 9 mesi latte e biscotti. «Abbiamo deciso di pagare per lei – raccontò in quell’occasione uno degli agenti – abbiamo fatto una colletta di 20 euro ciascuno. Sappiamo che non abbiamo risolto i problemi di questa donna, ma almeno le abbiamo regalato un sorriso».
Come Giusy si sono tante altre mamme costrette a rubare per procurarsi ogni giorno quello che serve ai loro figli. «Vivo alla Caritas -  dice Luisa -  Ma non nascondo che per necessità ho rubato quando non avevo nulla da dare da mangiare ai miei figli». Giuseppe, settantenne con la pensione minima, è stato sorpreso con una confezione di bistecche sotto il giubbotto in un supermercato di un centro commerciale. Lo hanno bloccato il vigilantes che hanno chiamato la polizia. Agli agenti delle volanti l’anziano ha ripetuto: «Con la mia pensione non ce la faccio ad arrivare nemmeno a metà mese  -  ha detto tra le lacrime l’anziano – e queste bistecche sono la mia cena, non mangio carne da tre mesi».
A Brancaccio chi ha una famiglia da mantenere si arrangia come può. Alcuni ragazzi continuano a raccogliere e a rivendere il ferro trovato in strada e nei cassonetti, anche se sono appena usciti dalla galera proprio per lo stesso reato. « Non ci sono più sbocchi di lavoro – dice Maurizio Artale, presidente del centro Padre nostro di Brancaccio - . Anche fare l’ambulante adesso è difficile. Così la microcriminalità aumenta e anche chi sconta una pena poi non sa come ricominciare. E in assenza di alternative, torna a delinquere, non c’è lavoro e viene assoldato dalla mafia con lo spaccio e con il pizzo».
La settimana scorsa, sono spariti anche i tombini di ghisa della rotonda Norman Zarcone. « Non abbiamo alternative – dice Pietro che ha 30 anni e quattro figli da mantenere – sono finito in carcere perché mi hanno beccato con la motoape senza assicurazione piena di ferro. Ma ancora adesso faccio la stessa cosa per guadagnare venti euro al giorno quando va bene».
Casi come quelli della giovane mamma, dell’anziano che non mangiava carne da tre mesi, del padre di famiglia che arrestato per furto di ferro torna a rubare per mantenere i propri cari sono alcuni esempi delle centinaia di storie a Palermo di “ fuorilegge per necessità”. Un esercito che cresce di anno in anno e che non trova alternative per sopravvivere. «Sussiste un legame profondo tra questione criminalità e questione sociale -  ha puntualizzato Scarpinato – delegare  solo al versante penale la repressione del fenomeno è un’azione che non può dare risultati. Se non ci sono politiche di inclusione sociale, se non aumenta il lavoro, non ci può essere una riduzione dei reati».
Ecco perché il centro Padre nostro, in questi anni, ha dato lavoro a 10 detenuti in esecuzione penale. Svolgono piccole, ma preziose mansioni per le attività del centro. Alcuni coltivano la terra e rivendono gli ortaggi che coltivano. «E’ una goccia nell’oceano -  dice Artale – senza l’aiuto delle istituzioni, le associazioni da sole non possono farcela».

Claudia Brunetto
Francesco Patanè

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