Condividiamo un interessante articolo scritto dal Dott. Vincenzo Neglia e pubblicato sulla rivista Anandamide CCG (n. 2, luglio/agosto 2020), in cui si fa riferimento ad una conversazione con Maurizio Artale, presidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro.
L’articolo si interroga sulla reazione, spesso immediata, che molti hanno nell’apprendere di episodi di violenza, che conduce a considerare “sbagliato”, e pertanto privo di diritti, l’autore della violenza stessa. Tale reazione può strutturare una sorta di circolo vizioso, caratterizzandosi come un nuovo focolaio violento.
La conversazione tra Vincenzo Neglia e Maurizio Artale ha proposto spunti di riflessione su un elemento evidente all’osservazione degli operatori del Centro di Accoglienza Padre Nostro: non si nasce violenti, ma lo si diventa, talvolta come aspetto di un destino che sembrerebbe ineluttabile, crescendo in un ambiente in cui l’aggressività e la prevaricazione sono aspetti strutturali delle relazioni familiari e sociali. Questo accade nello stile di vita radicato culturalmente nel territorio di Brancaccio, da tantissimi anni.
D’altra parte, gli studi scientifici ci mostrano che le conseguenze del trauma agiscono sul corpo e sulla psiche delle persone, lasciando tracce che incidono sulla personalità e sui comportamenti e che si perpetuano nel tempo.
E’ importante agire sul contesto sociale, con continuità e presenza quotidiana, con attenzione sia a chi subisce, sia a chi agisce la violenza, al fine di promuovere un cambiamento, specie nelle giovani generazioni, per favorire relazioni affettive paritetiche e rispettose.
E’ quindi necessario attivare un cambiamento che spezzi il ciclo della violenza, anche a livello sociale.
A Brancaccio il processo di mutamento si è avviato con l’arrivo di Padre Giuseppe Puglisi, con la fondazione del Centro di Accoglienza Padre Nostro e con la prosecuzione della sua opera sino alla situazione attuale, nella quale, tra gli operatori che portano avanti l’impegno dell’ente, vi sono proprio quegli autori di reato che, talvolta istintivamente, consideriamo “scarti” della nostra società. Tale giudizio spesso diventa una gabbia per donne e uomini che non hanno avuto fortuna nel percorso della loro vita.
La risposta concreta del Centro di Accoglienza Padre Nostro passa attraverso un complesso di iniziative di sviluppo di comunità e di progetti di territorio, ma anche attraverso l’educazione, la relazione individuale e l’offerta di opportunità di crescita e partecipazione a tutte le età, con particolare attenzione alle fasce più deboli. Si tratta di un processo che fa crescere anche l’operatore, per cui la sfida, tutt’altro che semplice, è quella di sviluppare un’autoriflessività, necessaria ad acquisire la consapevolezza dei propri pregiudizi e delle proprie reazioni emotive, ovvero una sufficiente maturità personale e professionale che gli consenta realmente di “nutrirsi” delle differenze e di tirare fuori le potenzialità delle persone che accoglie.
ALLEGATI
Articolo rivista Anandamide [260]
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