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Dal Cep allo Zen, quartieri polveriera: "Silenzi e povertą"

data articolo 01/07/2022 autore La Repubblica categoria articolo RASSEGNA
 
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Allo Zen, si spara all’amico d’infanzia per un debito di 10 euro. Oppure, si freddano padre e figlio per paura di una ritorsione. Alla Vucciria, si uccide per lo specchietto di un Suv danneggiato. Una mattanza “per furti inutili” che negli ultimi sei anni conta sedici morti.
Da Brancaccio al Cep, dalla Zisa allo Zen, i quartieri polveriera di Palermo hanno un comune denominatore: sono pieni di armi illegali, per meno di duecento euro; sono pieni di giovani senza scrupoli, pronti a dimostrare la loro forza con il piombo. Sullo sfondo, rioni abbandonati dalle istituzioni, dove la cultura mafiosa torna ad essere l’unica risposta alla povertà. Gli unici presidi sono le associazioni che da anni tentano di dare un’alternativa alla “camorizzazione” dei quartieri. «Serve un patto di comunità fra le istituzioni, scuola, chiesa e associazionismo laico che ridia ai giovani di questi quartieri il libretto d’istruzione per il vivere civile – commenta Maurizio Artale, presidente del centro Padre Nostro di Brancaccio -. Oggi nei ragazzi non esistono più scale valoriali perché non vengono più trasmesse in famiglia. E non ci sono più agenzie educative, non esiste più la funzione formativa degli oratori».
Lo Zen è uno degli epicentri della mattanza. Fra i palazzoni del Gregotti, tre anni fa morirono Antonino e Giacomo Lupo, padre e figlio, per uno sguardo di troppo ad una ragazza. Ad ucciderli fu Giovanni Colombo: padre e figlio gli chiesero conto e ragione di quella taliata e lui sparò. Senza alcun rimorso ai magistrati disse: «O morivo io, oppure morivano loro». Sempre allo Zen, lo scorso Marzo, per un debito di 10 euro Giuseppe Cusimano ha sparato all’amico con cui è cresciuto, fermo nella sua auto. Solo un lungo e delicato intervento chirurgico non trasformerà l’agguato nell’ennesimo omicidio per futili motivi nei quartieri a rischio di Palermo.
«Siamo sguarniti nelle periferie palermitane, la magistratura ha fatto un lavoro incredibile dal unto di vista della repressione, ma quello spazio liberato dall’azione delle forze dell’ordine va occupato – sottolinea Mariangela Di Ganci presidente del Laboratorio Zen Insieme e neo consigliere comunale -. Il contrasto alla violenza è demandato alle associazioni che operano attraverso fondazioni o con fondi privati, in situazioni spesso estemporanee dove non è possibile progettare».
Si uccide per nulla anche in pieno centro città: alla Vucciria per uno specchietto rotto. Succede se i protagonisti sono due nuove leve della criminalità organizzata: Emanuela Burgio, la vittima, freddata in piena notte il 31 Maggio 2021 in via Cassari, era imputato per traffico di stupefacenti, mentre i tre arrestati Matteo, Domenico e Giovanni Romano sono parenti di Davide Romano, il boss del Borgo Vecchio ritrovato incaprettato. Un omicidio che più di altri dimostra come i codici di Cosa nostra siano ormai saltati.

di Francesco Patanè, Tullio Filippone

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