Brancaccio, il silenzio del cardinale

mario di caro Alla fine è rimasto solo a difendere il film su padre Puglisi. Maurizio Artale, responsabile del centro sociale Padre Nostro di Brancaccio si è ritrovato contro un intero quartiere, offeso dalla fiction di Raiuno che Artale, assieme a don Mario Golesano, ha ospitato in anteprima nell' ex quartier generale di don Pino. Ma, soprattutto, il centro Padre Nostro non ha trovato sostegno nella Curia, trincerata dietro il no comment espresso dal cardinale De Giorgi: alla fine della proiezione di martedì, infatti, l' arcivescovo ha lasciato l' auditorium Di Matteo con un gelido «andiamo a riflettere», senza esprimere alcun giudizio. «Come cristiano mi sento mortificato da questo silenzio - dice Artale - un cardinale che si alza e scappa non si era mai visto: pensavo che si fermasse almeno un minuto. Come pastore doveva esprimere un parere, anche negativo, anziché lasciarci soli con le polemiche su un film che il nostro centro ha sostenuto. Ora il quartiere è tutto contro di noi perché non avremmo dovuto ospitare l' anteprima. Sono veleni che stanno uccidendo padre Puglisi per la seconda volta. E io sono sul punto di lasciare il quartiere». Brancaccio, infatti, si ribella all' etichetta di quartiere brutto, sporco e cattivo che secondo molti abitanti verrebbe fuori dal film di Gianfranco Albano. Non sono piaciuti i ragazzi che dicono le parolacce, non è piaciuto quel ragazzino che si vergogna dei suoi piedi sporchi, non è piaciuto il clima mafioso che aleggia nelle strade. E Artale si è ritrovato ad affrontare i «ribelli» in un serrato confronto. «Ho la registrazione di un' intervista nella quale padre Puglisi parla della Brancaccio che ha trovato, quella delle case senza docce e senza luce, quella delle famiglie di quattordici persone costrette in una stanza - dice Artale - Ho lavorato per otto anni nella colonia e ho tolto tanti pidocchi dalla testa di tanti bambini del quartiere. E poi vorrei ricordare che don Pino non è morto scivolando su una buccia di banana ma è stato ucciso dalla mafia di Brancaccio. Io credo che il film di Raiuno sia stato anche troppo tenero». Insomma, dopo la messa in onda delle due puntate, il film diventa adesso uno spartiacque tra vecchio e nuovo, un muro contro muro tra abitanti e operatori dello stesso quartiere. Una polemica che coinvolge i segmenti del rione citati dalla fiction, come la confraternita di San Gaetano e il comitato Intercondominio, escluso dall' anteprima. Contro il film si schiera anche il senatore radicale Piero Milio che in una nota condanna la scelta di costruire una fiction «sul sangue» di padre Puglisi: «Non possiamo lasciare la memoria dei nostri eroi nelle mani di chi la realtà la conosce per sentito dire», scrive Milio. «Mi sento vicino al gruppo dei vecchi collaboratori di don Pino che non collaborano con il successore di padre Puglisi per non diventare uno strumento della "nuova" parrocchia, non in linea con gli insegnamenti del parroco ucciso». Il senatore Milio, inoltre, non si sorprende per l' atteggiamento della Curia: «Quale è la novità? si chiede Muta e assente allora, dovrebbe adesso sbilanciarsi per una fiction?». Di fronte agli attacchi al suo film, il regista Gianfranco Albano, forte del successo d' ascolto di "Brancaccio", risponde dicendo che «padre Puglisi possiamo averlo tradito in tante cose ma non nel suo spirito profondo». Quello che non gli va giù, anche a lui, è il silenzio della Curia sui contenuti del film. «Un silenzio che mi irrita profondamente - dice Albano - Mi aspettavo che il cardinale dicesse qualcosa: avrei accettato qualsiasi critica, ero pronto anche a farmi insultare. A questo punto mi arrendo di fronte alla voglia di non assumersi responsabilità nei confronti del film». Da Palazzo arcivescovile non arriva replica: il cardinale, fa sapere il suo staff, preferisce non commentare le polemiche.

MARIO DI CARO