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Centro di Accoglienza Padre Nostro - ETS
Fondato dal Beato Giuseppe Puglisi il 16 luglio 1991. Eretto in ente morale con D.M. del 22.09.1999
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L'ergastolano che prova il recupero e i fuochi in strada per il boss scarcerato, succede oltre l’oreto

L'ergastolano che prova il recupero e i fuochi in strada per il boss scarcerato, succede oltre l’oreto

data articolo 29/07/2017 autore La Repubblica categoria articolo RASSEGNA
 
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L'ergastolano che prova il recupero e i fuochi in strada per il boss scarcerato, succede oltre l’oreto
L'ergastolano che prova il recupero e i fuochi in strada per il boss scarcerato, succede oltre l’oreto

Sono le 21.30 di una sera di metà luglio e Luigi torna in cella, dopo una giornata a lavorare la terra in un campo confiscato alla mafia. È condannato all’ergastolo, ma ha deciso di rimettersi in gioco, grazie a un progetto per il recupero dei detenuti gestito dal Centro Padre Nostro. A quella stessa ora, in via Bazzano, a pochi passi dalla casa dove abitava il parroco Don Pino Puglisi ucciso nel '93, i fuochi d'artificio, accoglievano il rientro ai domiciliari dell’esattore del pizzo Maurizio De Santis. Luigi e Maurizio, l’ergastolano che aspira alla redenzione e l’esattore che stringe il cappio al collo ai commercianti: le due facce di Brancaccio, divisa tra desiderio di riscatto e voglia di mafia. Le riconosci, quelle facce, quando attraversi il filo spinato immaginario che separa il quartiere dal resto della città Ogni sera, in via Azzolino Hazon, è l’ora del bingo. I "picciotti" piazzano gli amplificatori in strada, chiudono il passaggio delle auto e vendono i biglietti. Tutto abusivo. Una comitiva di ragazzini trotterella verso casa dopo una giornata passata al Centro Padre Nostro, che ogni anno organizza il grest. Tra loro ci sono cinque bambini che il 19 luglio hanno assistito in diretta all’arresto dei genitori, presi nel blitz che ha portato in manette 34 esattori. «Per qualche giorno – spiega Maurizio Artale, da 24 anni presidente del centro voluto da padre Puglisi – quei bambini non sono venuti al grest. Poi sono tornati. Sanno che siamo la loro unica speranza di salvezza». Il Centro assiste 600 famiglie e 150 ragazzini: «Cerchiamo di toglierli dalla strada per evitare che diventino manovalanza di Cosa Nostra – racconta Artale – e aiutiamo le famiglie dei detenuti. Sette ex carcerati hanno trovato lavoro attraverso i progetti, altre famiglie hanno ottenuto una casa». Non è bastato a evitare che il centro fosse preso di mira: «In 20 anni abbiamo fatto più di 130 denunce per danneggiamento – dice il presidente – perché anche nei nostri confronti il quartiere ha un atteggiamento ambivalente». E poi ci sono gli insegnanti che hanno scelto di lavorare in trincea, come Domenico Buccheri, da 21 anni all’istituto "Puglisi". «È difficile – ammette – spiegare a un bambino svegliato nottetempo dalla polizia che irrompe a casa sua per arrestare il padre, che deve avere fiducia nello Stato. A Brancaccio ci vorrebbero leggi speciali: l’esenzione dalle tasse per le famiglie in difficoltà e progetti di sviluppo per dare lavoro a chi non ce l’ha». Perché «la voglia di riscatto c’è», dice Domenico Di Fatta, preside del liceo Danilo Dolci. «All’ultimo incontro sulle pari opportunità – racconta l’aula era piena. Segno che anche chi vive in un quartiere come questo, dove ancora l’uomo è il padre padrone, c’è desiderio di cambiare. Ci vorrebbero scuole nuove. La nostra è una palazzina confiscata, le aule sono piccole, non c’è una palestra, i ragazzi fanno lezione negli scantinati. Cominciamo a restituire loro dignità». Basterebbe poco: «Per prima cosa – dice il presidente della circoscrizione Mario Greco – servirebbe dotare il quartiere di spazi aggregativi, aree verdi al posto delle discariche, mezzi di trasporto efficienti per collegarlo al resto della città».

Giusi Spica

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