Il bello, le fontane danzanti sul mare. Il brutto, furti e aggressioni a due passi dalla Cala. Basta girare un angolo e la città cambia aspetto. L’ultima denuncia arriva dagli abitanti di piazzale Ungheria, che si sono rivolti al nostro giornale. Ma basta sportarsi al Foro Italico, non lontano dalla nuova città d’acqua, per raccontare le stesse storie. Dal centro storico alla periferia. Anni per uscire dalla scomoda casella di periferia criminale, eppure, ora, la storia ha ingranato la marcia indietro. Si sta peggio, si sta come «prima», dove il passato significa zero lavoro e prospettive di riscatto. Il coro è unanime: da Brancaccio allo Zen, passando per Cep e Ballarò, vincono degrado e solitudine, chiusura a riccio e nuova manovalanza attratta dalla sirena del guadagno facile: il furto, le rapine, lo spaccio. Il mercato dell’illegalità prolifica, alimentato dalla linfa dei giovanissimi rimessi al «loro» posto dalla assenza delle istituzioni e dalla mancata applicazione di norme che gli darebbero diritti e garanzie di scelta. Dopo l’allarme dei parroci delle chiese di frontiera, anche la fotografia restituita dai volontari delle associazioni che lavorano in quei territori è sbiadita. «Le parole di don Salvatore Petralia (contro chi, fuori dalla chiesa, ruba le auto di chi va a messa: vedere l’articolo qui sotto, ndr) sono una pietra nello stagno, servono ad agitare le acque e a riaccendere i riflettori sulla condizione sociale e sulla subcultura criminale del quartiere – dice Giusto Catania, preside della scuola Saladino al Cep-. Ma non bastano interventi spot: pulizia straordinaria, rimozione dei rifiuti, interventi a impatto zero delle forze dell’ordine. Per questa ragione è fondamentale l’intervento della scuola e dell’associazione San Giovanni Apostolo che svolgono, con capillarità, la loro funzione pedagogica. Ma troppo spesso siamo soli e in questo modo non possiamo scardinare la cultura mafiosa e le pratiche illegali. L’unico intervento strutturale nel quartiere, oltre la scuola, è stato il tram che ha collegato il quartiere alla città. Per il resto la criminalità la fa da padrona». Maurizio Artale, del centro Padre Nostro, conosce la realtà di Brancaccio da trent’anni e ne ha vissuto i diversi stadi di vita: da quartiere di genetica appartenenza alla mafia a luogo di possibile rinascita. Un sogno in chiaroscuro. «Troppi errori e troppi ritardi nel fare rispettare le norme che già esistono, come quelle dei corsi di formazione legati alla obbligatorietà scolastica fino ai 15 anni – spiega il presidente del centro voluto da padre Puglisi-. Dopo la terza media, per tutti i ragazzi che non vogliono andare alle superiori, la legge prevede insegnamenti per imparare un mestiere, elettricisti o falegnami per esempio. Noi li indirizziamo, ma l’avvio dei corsi per due anni non si è visto e quei ragazzini arrivano all’età in cui i genitori gli chiedono di portare il pane a casa. E qual è il modo più facile, se non fare la vedetta per 30 euro o il pusher per 50? Le ditte che spesso li assumono segnano sulle buste paga una cifra e poi gliene danno la metà, gli fanno firmare un contratto per un tot di ore e poi gliene fanno fare il doppio. Che tipo di fiducia possono avere in futuro diverso di quello al quale sono abituati?». La risposta alle ferite delle periferie passa anche dalla pioggia di finanziamenti, ma spesso le decisioni sugli interventi vengono prese attorno ai tavoli istituzionali, senza alcun coinvolgimento di chi invece lavora a stretto contatto con quelle realtà. La nuova piazza allo Zen 2, prevista dai fondi ex Gescal, non solo non andrà in gara quest’anno, ma per il bando si dovrà attendere il 2024. Di fatto, per l’associazione Zen Insieme, chissà se vedrà mai luce. eppure, tutti la attendevano. «A oggi il quadro è sconfortante. C’è una distanza siderale tra ciò che le istituzioni promettono a parole quello che poi fanno – dice il volontario Fabrizio Arena -. Questa piazza è un grande elemento di riscatto in un quartiere che non ha assolutamente spazi esterni dove i residenti possano incontrarsi. È rimasta una enorme vasca sterrata piena di sterpaglie. Poi c’è il tema del reddito di cittadinanza che teneva, bene o male, un equilibrio sociale nel quartiere dove oggi invece molte famiglie sono sulla soglia della povertà. Per non parlare della spazzatura sotto i balconi e finestre, con la quale devono convivere bambini e anziani perché con la raccolta in emergenza è un’area sacrificabile». Sporcizia e mobilità. L’unico bus che passa porta allo stadio è il 619: impossibile programmare viaggi, lo aspetti 5 minuti ma pure 50, a seconda del traffico trovato dalle uniche vetture impegnate sul tragitto. Chi non è motorizzato o ha parenti disposti a fare da autisti notturni, ha rinunciato a lavoretti nei locali che chiudono a mezzanotte. Il bus garantisce il servizio solo fino alle 21. I pensieri di bambini e adolescenti dell’Albergheria e di Ballarò passano ora da fogli bianchi che l’associazione Parco del Sole mette a disposizione una volta a settimana per gettare lì ansie e problemi. «La maggior parte sogna di vivere in un altro quartiere – spiega il presidente, Massimo Messina-. Spesso raccontano di violenze e prevaricazioni in famiglia, e poi c’è il consumo di crack che dilaga. Eppure, negli ultimi anni si era creato un equilibrio e una apertura degli abitanti verso i turisti e gli stranieri che si sono trasferiti nel quartiere. Oggi il degrado crescente si è ripreso la scena». «Ho già ascoltato le denunce dei parroci di alcuni quartieri, dopo aver accettato l’invito a Borgo Nuovo di padre Antonio Garau a un incontro dove era presente anche don Petralia – spiega il sindaco, Roberto Lagalla-. Porterò le loro istanze ai comitati di ordine e sicurezza in prefettura. I prossimi passaggi riguardano l’entrata a regime della Control room e l’arrivo di oltre 40 vigili urbani, oltre all’utilizzo di poliziotti e carabinieri in pensione a tutela del decoro della sicurezza».
di Connie Transirico
XXX anniversario | martirio | padre pino puglisi | Segnala | Commenta |
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