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Il frutto della vita

data articolo 16/09/2006 autore Giornale di Sicilia categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo del Giornale di Sicilia
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E SOLO AVESSI TEMPO... Se solo potessi tornare indietro pochi istanti… Allora -sono certo – saprei fermare la mano di quell'uomo sconosciuto. Gli parlerei. So che può sembrare ingenuo ma io gli parlerei. Lo convincerei a fermarsi. Comprendo i vostri dubbi: come si può fermare la volontà di un feroce killer che non conosce neppure il motivo del suo gesto? Già. Sembra un'impresa impossibile. Ma io conosco il valore di parole come fede, pietà e amore. So spiegarne il contenuto. Posso comunicare quale magia suprema è custodita dentro l'animo dell'uomo. Le mie parole sono la chiave d'ingresso al cristiano universo della redenzione. Non direi al mio carnefice: «Perché mi uccidi, figlio? Cosa ti ho fatto?». No. Nessuno mai si è salvato chiedendo un motivo a chi non ha idea del movente. Io, invece... Io gli racconterei questa breve storia, anzi parabola, scrutandone lo sguardo per trova re il centro emotivo dei suoi pensieri... Un uomo, camminando attraverso la foresta, incontrò una feroce tigre. Impaurito, si diede a precipitosa fuga per salvare la propria vita. La belva lo inseguì. Correndo giunse al bordo di un dirupo e, non avendo scelta, si spinse giù per il precipizio assi curando la sua salvezza ad una pianta di vite cui si aggrappò con mani sempre più stanche. Cosìprecariamente appeso, egli vide sopra di sé la tigre che tentava di raggiungerlo con zampate sempre più nervose. Guardò, allora, verso il basso e lì si accorse che una tigre lo attendeva complice di quella che lo sovrastava. In quel preciso istante notò che due topi erano apparsi non lontano dal tronco della pianta, quasi in prossimità delle radici e, incuranti del suo destino, cominciarono a rosicchiare ciò che restava di quel precario appoggio. Fu chiaro che la vite non avrebbe più sostenuto il suo peso, si sarebbe rotta e lui sarebbe caduto. A nulla sarebbe valso imprecare contro il destino. Fu allora che notò una fragola che cresceva, sul dirupo, non lontana da lui. Era rossa e matura. Tenendosi alla vite con una mano raggiunse il frutto con l’altra. Lo colse. Con una tigre sopra, un’altra sotto e i due topi che continuavano a rosicchiare la vite, l’uomo assaggiò la fragola: era assolutamente squisita. Il killer mentì a se stesso sul motivo di quella pistola puntata alla nuca. «Padre, questa è una rapina». Udirono solo una frase nascosta dietro un rassegnato sospiro. «Me lo aspettavo». Prima di esplodere l’unico, silenzioso colpo gli assassini si accorsero che la loro vittima sorrideva. Sorrideva nello stesso modo in cui sorride chi ha assaporato l’ultimo frutto della vita. Magistrato Lorenzo Matassa

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