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Lacrime in platea per il martirio di don Puglisi

I corsisti della Cisl guardano «Alla luce del sole». «Scantinati di via Hazon, lo scandalo continua»

data articolo 14/09/2006 autore Giornale di Sicilia categoria articolo RASSEGNA
 
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Articolo del Giornale di Sicilia
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All'inizio, la ragazza che vuole diventare parrucchiera dice che tanto è solo un film: Al sacrificio di don Puglisi? Ero piccola, non ricordo bene. Secondo me, non ha cambiato niente. Per lavorare mi troverei anche una raccomandazione e sarei disposta a dare il voto per un posto». Troppa grazia per chi adora i luoghi comuni sul pessimismo dei giovani. Maria affronta lo spavento del futuro con piglio adeguato ai tempi: meglio avere qualche santo in paradiso. La pensa quasi allo stesso modo Umberto: «Non può cambiare nulla». Dentro il cinema Marroni sta per cominciare lo spettacolo. Si dà «Alla luce del sole», pellicola coriacea di Roberto Faenza che racconta i giorni di don Pino a Brancaccio, con uno splendido Zingaretti. La proiezione -nel quadro delle iniziative che ricordano l'omicidio del 15 settembre del '93 -è stata forte mente voluta dalla Cisl. Ecco alcuni corsisti dell'ente di formazione del sindacato fotografati in un giorno qualunque di rassegnazione. Dicono che la speranza è solo un film. Che la realtà copia sempre se stessa, almeno a Palermo. E poi, all'epoca, molti erano appena nati. Non sanno. Non ricordano. Stefania Gallo si ribella: «Il martirio di padre Puglisi non è stato vano». Ma è appena una voce. Si va in piccoli gruppi. Padre Mario Golesano, parroco di Brancaccio, ricorda: «Ho parlato con Grigoli, H killer di don Pino. Mi ha raccontato un suo gesto di pietà». L'assassino che non sapeva di essere giunto alla sua ultima commissione, dopo avere sparato in testa al piccolo prete di Brancaccio, gli mise le braccia in croce. Era già un segno di quel cambiamento che -secondo Maria - non c'è mai stato. Padre Golesano racconta la sua esperienza In sala, il segretario provinciale generale della Cisl, Giuseppe Lupo, e il numero uno regionale, Paolo Mezzio. Il procuratore aggiunto Sergio Lari arriverà più tardi. Cala il buio. Risolini soffocati. Perfino fischi. Tanto è solo un film. Irrompe la prima scena. Si vedono cani da combattimento chiusi in gabbia e nutriti con gattini vivi. Si vedono le facce dei ragazzi di Brancaccio perfetta­mente sovrapponibili tra schermo e marciapiedi. Il respiro della platea si fa corto. Nessuno ride più. Il silenzio durerà fino alla fine, accompagnato dalla commozione e arricchito da applausi e lacrime sull'ultima scena. Dibattito al termine. Giuseppe Lupo della Cisl e don Mario Golesano ricordano «lo stato pietoso degli scantinati di via Hazon». I magazzini che furono il simbolo del riscatto di Brancaccio giacciono abbandonati, corrosi dai liquami, come se nulla fosse mai accaduto. Eppure, quel prete minuto, che camminava da solo la sera in cui fu assassinato e parlava con dolcezza al prossimo, parla e cammina ancora, a distanza di anni. Cammina in un cinema popolato da ragazzi prima distratti, infine incatenati alla sua storia. Parla con la voce di Umberto che inforca il motorino e dice: «Forse sbagliavo. Qualcosa è cambiato davvero» Roberto Puglisi

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